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Che ci dividono il cuore




Tardo pomeriggio, dopo il temporale. Il sole e l’ombra che scendono dividono i valloni della mia montagna in due lati: uno ancora di luce, scintillante dopo la pioggia, uno già d’oscurità, la bruma lo spettina. Il dolore e la contentezza spaccano i cuori in due lembi, e noi l’osserviamo dalla metà, dalla frattura. Non sempre sappiamo da quale parte vogliamo stare. Non sempre la scelta è interessante. Un giorno siamo giovani, un altro siamo anziani. I ripianti li hanno i giovani, gli anziani hanno la calma dell’ineluttabilità. Spaccati. La mia mente è divisa dentro ad un corpo solo. Quando guardo una nuvola la vedo bella perché è spaccata dal cielo, ha un confine, una fine che la rende nuvola, il suo profilo piacevolmente familiare ad un’immagine dolce di poesia rende il cielo tanto vasto da saperlo spaventevole.

Era quel momento tra due luci, quando i colori si fanno intensi
e l’amaranto e l’argento bruciano sui vetri delle finestre
come i battiti di un cuore eccitabile;
quando la bellezza del mondo rivelato,
la bellezza del mondo che dovrà così presto soccombere,
ha due tagli: uno di gioia, l’altro di angoscia,
che ci dividono il cuore.

Grandiose sommità e quelle nuvole le coccolano, e le mie dita sono veloci come quelle di un pianista, mentre suono questa tastiera mi si allarga un sorriso sul volto. Questo gesto consueto. Quanto l’ho amato, quanto ho cercato questa pace. All’improvviso poso un punto, e il silenzio. La liberazione. La mia volontà che si esprime, io mi imprimo a caratteri, la mia voce rimane incastrata nel mezzo dei venti, sceglie un cantuccio, si deposita. Non è la mia vita, è di più, è la mia mente che non morirà. Quella imperiosa, enorme volontà! Ecco cosa sono, se non sono mai morta suicida. Ecco cosa sono se ho scelto, piuttosto di morire, di cavalcare la spaccatura. Se penso ad un gesto familiare e lo rifuggo. Se penso che amo il posto dove mi trovo ma che ne amerò di più un altro. Se penso che se non ci sei e mi manchi, che quando ti ho avuta ti ho buttata tra gli scarti di me stessa, un pasto raffreddato per non curanza e, boia di un cane!, il tempo è scappato con la coda in mezzo alle gambe. Avevo due cuori e uno l’ho ucciso. Metà di quella metà è tuo.

Tu sai che cercherai me, cercherò te,

perché è l’aratro più affilato quello che scava.

Sogni un sogno già fatto e ti piace vederne la fine.

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domenica 4 settembre 2011 Leave a comment

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